Ho visto far piovere, eccome

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  1. serglasser12
     
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    Ho visto far piovere, eccome


    (Quotidiano Libero, 20 luglio 2002)



    Esiste una macchina italiana per far piovere a comando e combattere così il problema della siccità. L'ha inventata un mitico scienziato di Imola, l'ultimo collaboratore vivente di Guglielmo Marconi. E, vista dal vero, ci sembra che almeno all'apparenza funzioni.

    L'emergenza idrica che colpisce l'intero sud e alcune regioni del centro del Paese, e che sta tenendo banco in questi ultimi giorni in Consiglio dei ministri come su tutti i media, ha aperto un vivace dibattito sulle possibili soluzioni per la carenza d'acqua, a breve e a lungo termine. Navi dissalatrici, carovane di autobotti dal nord, dighe improvvisate, "precettazione" delle tubature, acquedotti con l'Albania: ogni idea, per quanto bizzarra, viene rispolverata nel momento topico della crisi. Il ministro delle Politiche agricole Alemanno, alla disperata ricerca dei fondi per uno stanziamento urgente da 500 milioni di euro (1000 miliardi di vecchie lire), ha annunciato che verranno prese in considerazione delle tecnologie per "stimolare" le piogge, in uso da decenni negli Stati Uniti e in Israele. Attirandosi le critiche degli esperti nostrani, i quali dubitano della reale efficacia di tali tecniche basate sullo spargimento in quota di sali di ioduro, peraltro costosissime. Ma c'è forse un'alternativa al meteo versione high-tech, molto più "casereccia" e magari più efficace. Per vederla in azione basta recarsi come abbiamo fatto nel giardino di Pier Luigi Ighina, il 94enne fisico imolese che sostiene da tempo di poter risolvere la piaga della siccità, facendo cadere la pioggia "su ordinazione" con un macchinario da lui realizzato.

    In estrema sintesi si tratta di un'elica rotante che lancia emissioni magnetiche di carica uguale a quella di cui sono fatte le nubi, provocando nell'arco di qualche decina di minuti e nelle successive ore, prima un addensamento nuvoloso sulla perpendicolare sopra l'èlica, quindi l'agognata pioggia.

    La scoperta di Ighina - che ci perdonerà eventuali imprecisioni in un campo tanto complesso - parte dall'assunto che le precipitazioni nascono da reazioni nucleari all'interno dei gas atmosferici. La condensazione seguita all'evaporazione li fa eccitare, elettrizzandoli con una carica positiva nel primo strato, e una negativa in quello più basso. A seconda della ionizzazione in quota, l'elica emette dei "mono-pòli" dell'atomo positivi o negativi: se sono dello stesso segno della materia ionizzata in quota allora la attraggono e la "fortificano", trasformando il gas in H20, altrimenti disperdono le nubi.

    Il macchinario è composto da un rotore su cui sono montati tubi di alluminio da 80 mm, legati da un filo di rame e riempiti con polvere d'alluminio, come quella che in quantità di sette quintali è contenuta in altrettanti recipienti che circondano la struttura. L'alluminio serve da conduttore per il generatore di mono-pòli situato nel laboratorio all'interno del caseggiato attiguo.

    Da anni, chiunque vada a vedere in azione l'elica di Ighina coi propri occhi - noi compresi - riporta il medesimo racconto: in seguito alla sua accensione le nuvole si addensano davvero, nel ciclo fino a un attimo prima sereno sopra l'appezzamento di viale Romeo Galli 4, situato nel comprensorio del circuito della Formula Uno; e dopo un po' viene a piovere. Viceversa, se è già una "brutta" giornata, si può far ritagliare uno squarcio di sereno, proprio sopra l'elica. Negli anni sono stati innumerevoli gli spettatori di questo fenomeno, tanto che per le scolaresche della zona è diventata una gita d'istruzione irrinunciabile, farsi portare alle "magie" di Ighina. Mentre i vicini di casa del circuito hanno imparato a far meno rumore, per non subire l'ironica ritorsione di Ighina, sotto forma di "bagnato".

    Sarà un caso, o magari in quel frangente sarebbe cominciato a piovere lo stesso, ma tant'è le "coincidenze" si ripetono con inquietante e prevedibile puntualità. E infatti si sono interessati al fenomeno professori universitari (Minguzzi e Valdè da Bologna e altri dalla Sapienza di Roma e da Camerino), studiosi inglesi (tra cui un tale Bell) che dal 1995 hanno ricostruito il macchinario in un campus londinese, e di recente esperti tailandesi. Inoltre hanno documentato l'evento le telecamere della Rai, e se ne è parlato a più riprese al Maurizio Costanzo Show, mentre diversi "vip" pare siano divenuti estimatori dell'opera di Ighina, da Roberto Baggio a Marco Columbro, dalla banda di Renato Zero in Fonopoli al regista del programma "Misteri" Lorenzo Ostini. Le istituzioni invece non si sono mai fette vive. «Potremmo far scomparire la siccità, in Italia o in Africa - spiega Ighina - costruendo degli scompositori di monopoli dell'atomo magnetico abbastanza grandi si farebbe piovere su zone estese per centinaia di chilometri. Ma non vogliono perché sennò finisce il guadagno. Se sanno che ci riesco mi fanno fuori. Io non ci spero più, mi sono iscritto alla "Lega di chi se ne frega"».

    Tutta la sua vita è una storia di talento e buona fede misconosciute. Ighina nasce nel 1908, dal 1926 al 1936 è l'aiutante dello scopritore della radio Marconi, alle cui geniali campagne scientifiche contribuisce in maniera determinante pur rimanendo sempre nell'ombra. Marconi l'aveva conosciuto per caso grazie ad un conte imolese lontano parente di entrambi, ma Ighina aveva sempre dovuto guadagnarsi da vivere per conto suo, lavorando da ingegnere per la Siemens e la Marelli. La leggenda locale vuole che l'improvvisa morte di Marconi fosse stata causata, nel 1937, proprio dalle conseguenze di un esperimento mal riuscito sull'atomo magnetico, condotto senza la supervisione di Ighina. Del 1937 è la fondazione da parte di quest'ultimo del “Centro internazionale di studi magnetici” e nel 1954 viene pubblicato il primo libro in cui divulga le sue tante scoperte, riedito dalle edizioni Atlantide: oltre all'elica una valvola antisismica, e poi metodi rivoluzionari per inviare l'immagine televisiva senza scomporne le linee, scandagliare le ricchezze del sottosuolo, concimare le terre povere di fosfoazotati, neutralizzare le radiazioni atomiche, e più di tutto produrre perennemente energia elettrica.

    Base comune di tutte queste invenzioni la teoria dell'atomo magnetico, formulata nel 1924.

    Esaminando degli atomi con un microscopio lenticolare potenziato, costruito sovrapponendo quattro microscopi tradizionali, un giorno il giovane Pier Luigi si imbatté in un particolare tipo di particella: avvicinando casualmente una calamita a un vetrino si accorse che alcuni atomi diventavano più veloci attirandone altri più lenti. Isolò dunque i due poli di tale atomo, il positivo, caratterizzato da una pulsazione montante, e il negativo, da una rientrante. Dal continuo pulsare alternato di queste due vibrazioni, incarnate a livello macrocosmico dall’energia proveniente dal Sole (polo positivo), che poi, riparte dalla Terra (una volta riscaldata) con segno negativo, nascerebbe ogni manifestazione energetica e vitale sul nostro pianeta.

    Ecco dunque la famosa massa mancante, o doppio antimaterico, la colla dell'universo di cui al Cern di Ginevra inseguono la dimostrazione fisica.

    Tarata la pulsazione specifica di ciascun fenomeno, con magnetometri ed amperometri, Ighina riuscirebbe ad assumerne il controllo, amplificando o diminuendo artificialmente le vibrazioni. Sempre attraverso il principio dell'attrazione repulsione, come nel caso dell'elica. Quanto alle applicazioni anti-siccità se pure ci fosse una sola probabilità su mille che l'omino di Imola abbia davvero scoperto l'antidoto, chi di dovere avrebbe se non altro l'obbligo di approfondire.

    I tanti privati cittadini, che soprattutto dal desertico sud non smettono di contattare per informazioni Ighina e i suoi aiutanti, ormai più che chiederlo lo pretendono.

     
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